Il burocratese (o antilingua)

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“Il brigadiere è davanti alla macchina da scrivere. L’interrogato, seduto davanti a lui, risponde alle domande un po’ balbettando, ma attento a dire tutto quel che ha da dire nel modo più preciso e senza una parola di troppo: «Stamattina presto andavo in cantina ad accendere la stufa e ho trovato tutti quei fiaschi di vino dietro la cassa del carbone. Ne ho preso uno per bermelo a cena. Non ne sapevo niente che la bottiglieria di sopra era stata scassinata».

Impassibile, il brigadiere batte veloce sui tasti la sua fedele trascrizione: «Il sottoscritto, essendosi recato nelle prime ore antimeridiane nei locali dello scantinato per eseguire l’avviamento dell’impianto termico, dichiara d’essere casualmente incorso nel rinvenimento di un quantitativo di prodotti vinicoli, situati in posizione retrostante al recipiente adibito al contenimento del combustibile, e di aver effettuato l’asportazione di uno dei detti articoli nell’intento di consumarlo durante il pasto pomeridiano, non essendo a conoscenza dell’avvenuta effrazione dell’esercizio soprastante».”

L’Antilingua, I. Calvino, “Il Giorno”, 1965

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Treccani contro la povertà lessicale: #carino. Ma è anche analfabetismo emotivo

https://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=Ze76G_B4vrg

Questo è il video che la Treccani ha messo in circolazione per parlare di povertà di linguaggio, ma per la Dott.ssa Giovanna Cosenza questo nasconde anche un analfabetismo emotivo.

D I S . A M B . I G U A N D O

Treccani carino

Osservo da anni la povertà lessicale che manifestano molti, specie i più giovani, quando si chiede loro di esprimere cosa provano in un certo momento o rispetto a qualcosa o qualcuno: una vera e propria afasia, connessa alla difficoltà di trovare parole che non siano le solite – una o due al massimo – per esprimere le loro emozioni, i loro sentimenti. È un esercizio che faccio fare spesso in aula, per introdurre una serie di lezioni in cui spiego quanto al contrario sia fondamentale la capacità di mettere in gioco, indurre, stimolare emozioni negli altri per qualunque comunicazione si voglia efficace (in qualunque ambito) e quanto sia dunque fondamentale essere consapevoli

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Fatta l’Italia? Facciamo l’italiano!

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Immaginatevi la scena.

Asiago, 1917. L’Italia è stata fatta da ormai mezzo secolo. Gennarino, soldato napoletano strappato al suo mare, si ritrova ora in una trincea tra i monti con tre metri di neve sotto al naso. Secondo voi cosa può aver capito nel momento in cui il suo compagno di branda gli deve aver detto qualcosa come “Arda lì el buteleto! Dio bon, te ghe ‘na faccia che par ‘no strasso!“?

Ecco, io direi niente. Continua a leggere

Non prendiamo fischi per fiaschi!

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Farla in barba a qualcuno, avere l’argento vivo addosso, prendere fischi per fiaschi, esser un pesce fuor d’acqua: modi di dire masticati, digeriti, integrati armoniosamente nel nostro parlare.
Tanti sono i proverbi, i modi di dire e le metafore che fanno parte del senso comune ma, quando ascoltiamo o leggiamo per la prima volta un detto, possono nascere equivoci:

“Mandare a monte” potrebbe sembrare il desiderio di una passeggiata in montagna;
“Andare a fagiolo” potrebbe significare un ritorno all’agricoltura;
“Andare a nozze”, detto da un marito, potrebbe sembrare sospetto.

I modi di dire, quindi, possono diventare ostacoli per una comunicazione efficace.
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